Santa Chiara, uno scrigno da scopire

L'antico monastero di Santa Chiara fu fondato nel 1226 ad ovest dell'antica cinta muraria su un preesistente convento di cistercensi attestato già prima dell'anno 1000. La costruzione dell'edificio attuale risale al 1339 per iniziativa di Michele Portigiani, membro di una famiglia da sempre sostenitrice dell'ordine francescano e committente, pochi decenni più avanti, anche di un altro monastero di clarisse, dedicato a San Paolo, questa volta all'interno della cinta muraria, il quale doveva servire anche da rifugio in caso di guerre per la comunità di Santa Chiara che si trovava al di fuori del perimetro urbano. Nel 1785, per sfuggire alle leggi sulla soppressione degli enti religiosi, il monastero fu trasformato in conservatorio per l'educazione delle fanciulle fino a che, con l'Unità d'Italia, l'istituzione passò sotto il Ministero della Pubblica Istruzione e ancora oggi è sede di un istituto scolastico. Il nucleo originario dell'edificio è organizzato attorno a un chiostro con arcate, chiuse nel XIX secolo, e comprende anche una cappellina dedicata alla Maddalena, fondata per volere di Lamberto di Stefano Buonincontri nel 1352, come attesta l'iscrizione nella formella marmorea raffigurante la Maddalena sopra il portale d'ingresso (l'originale è conservato all'interno del museo), e inglobata nel XV secolo nella chiesa conventuale, fungendo da sagrestia. All'interno la chiesa si presenta con l'aspetto acquisito dopo la ristrutturazione tardo seicentesca, che tuttavia mantenne l'originale assetto ad un'unica navata e soffitto a capriate lignee.  Infatti, le modifiche seicentesche riguardarono l'apparato decorativo della chiesa, con la costruzione di nuovi altari di gusto barocco – da notare il tipico timpano spezzato – e la decorazione delle capriate lignee e della facciata di fondo, con un'abside a lacunari dipinta che due angeli in volo ci mostrano scostando un tendaggio rosso. A questa decorazione, affidata alla bottega del pittore Antonio Domenico Bamberini, si aggiunsero nel XIX secolo le finte partiture marmoree nella parte alta delle pareti. Sull'altare maggiore è la grandiosa tavola con l'Immacolata Concezione, opera di Iacopo Chimenti detto l'Empoli (Firenze 1551-1640) datata 1596, caratterizzata da un linguaggio didascalico tipico di tanta arte fiorentina del periodo, fedele ai principi della Controriforma. Dello stesso autore sono il San Francesco in estasi e la Santa Chiara in adorazione del SS. Sacramento, sopra le porte che immettono nella cappella della Maddalena. 



Sull'altare di sinistra, intitolato a Sant'Antonio, è la tavola seicentesca raffigurante Sant'Antonio da Padova in adorazione della Vergine con il bambino tra San Ludovico di Tolosa e San Francesco, assegnabile alla bottega di Simone Pignoni. L'altare di destra, intitolato alla Pietà, conserva il bel dipinto di Pier Francesco Foschi (Firenze 1502-1567) Cristo morto sorretto dagli angeli che mostra chiari influssi del maestro Andrea del Sarto. L'altare, fino al XIX secolo, ospitava anche l'urna contenente i resti di San Cratone martire, dono di papa Alessandro VII alla comunità di Santa Chiara, oggi esposto nella nicchia a destra dell'ingresso. Al suo posto, fu collocato il Martirio della fede del pittore sanminiatese Vincenzo Baldini (1796-1839). Tra le opere facenti parte della collezione museale, segnaliamo le due bellissime croci dipinte del XIV secolo, una di Deodato Orlandi, e l'altra attribuita a Iacopo di Mino del Pelliccaio, e il Noli me tangere di Ludovico Cardi detto il Cigoli (Cigoli 1559-Roma 1613) che rappresenta, con una dolcezza di ascendenza veneta che caratterizza il pittore fin dalla sua fase giovanile, uno degli episodi più struggenti della vita di Maddalena, l'incontro con il Cristo risorto. La collezione si compone inoltre di arredi liturgici, reliquiari – tra questi ricordiamo quello bellissimo, donato dalla famiglia Buonaparte nel XVIII secolo, in ebano e avorio – e manufatti artistici portati in dote dalle fanciulle che prendevano il velo, ma anche di splendidi lavori di ricamo eseguiti dalle stesse monache, tra cui alcuni meravigliosi paliotti in seta (dal latino pallium, il drappo con il quale si rivestiva l'altare).