L'opera di Laura Panno per il Palio di San Lazzaro

Tutto pronto a Ponte a Elsa per il Palio di San Lazzaro giunto alla trentacinquesima edizione.
Domenica scorsa è stato presentato nella chiesa parrocchiale di Pino il cencio realizzato dall'artista Laura Panno con una lettura critica dell'opera. L'evento ha calato il paese nel clima del palio e le contrade del Piano e del Poggio stanno allestendo un corteo storico con tantissimi figuranti.





Ma partiamo dall'inizio. Domenica 22 marzo alle ore 11 presso l'oratorio di San Lazzaro ci sarà la messa e la benedizione del "cencio" che sarà consegnato ai capitani. Alle 15 ci sarà la sfilata storica con i figuranti della Corte Orlandini, mentre per l'animazione musicale si esibirà la filarmonica A.Del Bravo di La Scala. Poi i giochi antichi che assegneranno il palio: la corsa dei carretti con le pine, il tiro alla fune, il gioco della mattonella, il gioco dei cerchioni.
Ci sarà dunque grande competizione tra le contrade per alzare al cielo il dipinto di Laura Panno, un'opera pittorica e fotografica su tela. Dice l'artista: "L'opera che ho donato a don Lido Freschi per il palio, nasce per cogliere la realtà di un giovane abbandonato al sonno nell'oblio di se stesso. Molti giovani rinunciano alla vita negando nel vagabondaggio l'operatività quotidiana. La nostra società tende ad emarginare il povero e il diverso. Se non si partecipa alla produttività economica, non si è in grado di provvedere a se stessi dando pane e dignità alla propria vita. Oggi le città sono piene di giovani migranti nelle strade, dormono a terra su cartoni, avvolti in sacchi a pelo. Depressi, si abbandonano ad un sonno chimico per dimenticare la gioia di vivere".

Palio di San Lazzaro: "Cencio" al Poggio, vince il paese

La contrada del Poggio vince il trentacinquesimo Palio di San Lazzaro al termine di un'edizione in cui non c'è stata storia, tanto netta è stata la supremazia nei giochi sui rivali del Piano.
Il pomeriggio a Pino di Ponte a Elsa è iniziato con il corteo storico che ha proposto un itinerario inconsueto: i figuranti si sono ritrovati all'oratorio di San Lazzaro dove il parroco don Lido Freschi ha consegnato ai capitani delle contrade l'opera dell'artista Laura Panno che ha aperto il corteggio. L'oratorio di San Lazzaro è un luogo della tradizione per gli abitanti del paese: antico lebbrosario lungo la via Francigena nel medioevo, in passato le fanciulle ogni anno con le spalle rivolte a una finestra dell'oratorio, lanciavano un sasso. Se restava sulla finestra, avrebbero trovato entro poco tempo marito.
Il corteo storico ha dunque sfilato per le vie del paese e la filarmonica Del Bravo di La Scala ha accompagnato con le sue musiche e le sue coreografie.
Poi i giochi. I bambini si sono sfidati nella gara dei carretti con le pine, con il gioco delle mattonelle e, successivamente, nella corsa dei cerchioni. Per i grandi, uomini e donne, il tiro alla fune.

"Con il palio ha vinto l'intero paese - ha commentato don Lido Freschi - la partecipazione attiva di tante famiglie ha reso possibile questa bella manifestazione"  - "La prima - come ha sottolineato il sindaco senza lo storico presidente Nilo Mascagni".
Il paese addobbato dei colori delle contrade e le persone intervenute hanno fatto da cornice ai giochi, in un clima semiprimaverile dove, al di là del tempo, si percepiva il bello dello stare insieme di una comunità che con il palio si identifica.


Lodovico Cardi, il Cigoli

Dipinse la “luna” dell’amico Galileo Galilei nella cupola di S.Maria Maggiore
L’ 8 giugno 1613, moriva a Roma Lodovico Cardi, conosciuto come Il Cigoli, il miglior interprete del manierismo toscano e di quel periodo che portò poi al barocco. Morì poche settimane dopo aver ottenuto uno dei riconoscimenti più ambiti della sua professione, il titolo di Cavaliere dell’Ordine di Malta e dopo aver affrescato per Papa Paolo V, tra il settembre 1610 e la fine del 1612, la cupola della cappella Paolina, in S.Maria Maggiore, dove confermò nella pittura le tesi dell’amico scenziato Galileo Galilei con cui ebbe frequenti scambi epistolari e di cui ci resta un lungo carteggio. L’affresco, di cui ricevette le alte lodi del papa e di altri pittori, è la Madonna Assunta in piedi sopra la luna e rappresenta il primo paesaggio lunare visto attraverso il telescopio di Galileo. Proprio in quella cappella Papa Francesco si recò in preghiera la mattina seguente alla sua elezione a Pontefice.
Sepolto nella chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini a Roma, la salma del Cigoli fu traslata successivamente a Firenze in San Gaetano.

Santa Chiara, uno scrigno da scopire

L'antico monastero di Santa Chiara fu fondato nel 1226 ad ovest dell'antica cinta muraria su un preesistente convento di cistercensi attestato già prima dell'anno 1000. La costruzione dell'edificio attuale risale al 1339 per iniziativa di Michele Portigiani, membro di una famiglia da sempre sostenitrice dell'ordine francescano e committente, pochi decenni più avanti, anche di un altro monastero di clarisse, dedicato a San Paolo, questa volta all'interno della cinta muraria, il quale doveva servire anche da rifugio in caso di guerre per la comunità di Santa Chiara che si trovava al di fuori del perimetro urbano. Nel 1785, per sfuggire alle leggi sulla soppressione degli enti religiosi, il monastero fu trasformato in conservatorio per l'educazione delle fanciulle fino a che, con l'Unità d'Italia, l'istituzione passò sotto il Ministero della Pubblica Istruzione e ancora oggi è sede di un istituto scolastico. Il nucleo originario dell'edificio è organizzato attorno a un chiostro con arcate, chiuse nel XIX secolo, e comprende anche una cappellina dedicata alla Maddalena, fondata per volere di Lamberto di Stefano Buonincontri nel 1352, come attesta l'iscrizione nella formella marmorea raffigurante la Maddalena sopra il portale d'ingresso (l'originale è conservato all'interno del museo), e inglobata nel XV secolo nella chiesa conventuale, fungendo da sagrestia. All'interno la chiesa si presenta con l'aspetto acquisito dopo la ristrutturazione tardo seicentesca, che tuttavia mantenne l'originale assetto ad un'unica navata e soffitto a capriate lignee.  Infatti, le modifiche seicentesche riguardarono l'apparato decorativo della chiesa, con la costruzione di nuovi altari di gusto barocco – da notare il tipico timpano spezzato – e la decorazione delle capriate lignee e della facciata di fondo, con un'abside a lacunari dipinta che due angeli in volo ci mostrano scostando un tendaggio rosso. A questa decorazione, affidata alla bottega del pittore Antonio Domenico Bamberini, si aggiunsero nel XIX secolo le finte partiture marmoree nella parte alta delle pareti. Sull'altare maggiore è la grandiosa tavola con l'Immacolata Concezione, opera di Iacopo Chimenti detto l'Empoli (Firenze 1551-1640) datata 1596, caratterizzata da un linguaggio didascalico tipico di tanta arte fiorentina del periodo, fedele ai principi della Controriforma. Dello stesso autore sono il San Francesco in estasi e la Santa Chiara in adorazione del SS. Sacramento, sopra le porte che immettono nella cappella della Maddalena. 

Le bellezze artistiche del museo diocesano d'arte sacra

Il museo diocesano d'arte sacra, ospitato nei locali che un tempo erano adibiti a sagrestie dell'attigua Cattedrale di Santa Maria e Genesio, custodisce la più ricca collezione di opere d'arte della città di San Miniato, un vero e proprio scrigno delle testimonianze religiose ed artistiche del territorio della Diocesi tra i secoli XIII e XVIII.
Il museo nasce nel 1966 con l'obiettivo di dare una degna collocazione alle opere d'arte provenienti dalle maggiori chiese cittadine e del contado che in seguito al secondo conflitto mondiale si trovavano in uno stato di degrado necessitando di un immediato restauro e di un luogo che ne garantisse la buona conservazione.
La collezione, che comprende circa cinquanta opere di pittura, scultura e arti minori, è distribuita nelle cinque sale del museo, organizzato su due piani, ed è esposta secondo un ordine cronologico: i maggiori nuclei di cui essa si costituisce facevano parte degli arredi tre e quattrocenteschi delle chiese del territorio, mentre un cospicuo numero di opere risalenti al XVII secolo giunsero nella collezione grazie al lascito testamentario del cardinale Sanminiatelli alla canonica di Montecastello, avvenuto nel 1910.

Dalla Cattedrale di Santa Maria e San Genesio proviene il gruppo di 31 bacini ceramici con motivi decorativi geometrici e zoomorfi, di manifattura nordafricana, ascrivibili all'ultimo quarto del secolo XII che un tempo decoravano la facciata. Uno dei più importanti nuclei della collezione è quello proveniente dalla Chiesa dei Santi Iacopo e Lucia: si tratta di dipinti su tavola che facevano parte dell' antico arredo della chiesa domenicana.
Tra questi ricordiamo la Santa Caterina d'Alessandria, frammento di un più ampio polittico eseguito da Jacopo di Cione nella seconda metà del XIV secolo e il magnifico San Girolamo nello studio, opera di Cenni di Francesco, datata 1411. Dal complesso monastico di San Francesco provengono i frammenti di affresco con la Maestà, probabilmente dipinta da Jacopo di Mino del Pellicciaio, detto anche Maestro degli Ordini, artista di cultura senese cui è riferita la bella croce dipinta conservata nel Conservatorio di Santa Chiara.
Dalla Chiesa di Santo Stefano proviene il busto in terracotta con tracce di policromia raffigurante il Redentore, collocato fino al secondo dopoguerra sopra il portale: l'intensa carica espressiva che caratterizza quest'opera sembra confermare l'ipotesi dell'attribuzione alla bottega del Verrocchio. Soffermandoci ancora nel XV secolo segnaliamo anche i due dipinti su tavola del fiorentino Neri di Bicci, una Madonna in trono e Santi, proveniente dalla Chiesa di San Giorgio a Canneto Valdelsa e una tavola raffigurante l'antica iconografia della Madonna che offre la cintola a San Tommaso fra i Santi Giovanni Battista e Bartolomeo, un tempo custodita nella Pieve di San Giovanni a Corazzano, entrambe ascrivibili alla metà del secolo.
Tra le opere eseguite entro la fine del XVI secolo segnaliamo il celebre stemma dell'Accademia degli Euteleti e due storie della Passione, un tempo custodite nella sagrestia del SS. Crocifisso: la Caduta di Cristo sotto la Croce e il Trasporto di Cristo al Sepolcro,di mano del medesimo autore che dimostra, nell' accentuato gusto teatrale, una formazione nordica.

Fra i dipinti seicenteschi, degni di nota sono il San Francesco morente consolato dall'Angelo, commovente nel suo accentuato realismo, - recentemente attribuito a Giovanni Bilivert, allievo del Cigoli a Roma -, l'intenso volto dell' Ecce homo, un piccolo dipinto di straordinaria intensità che recenti studi riconducono al pittore Domenico Passignano, e i due pendant con il Sacrificio di Isacco e Agar nel deserto, entrambi di Lorenzo Lippi.
Tra le opere settecentesche del lascito del cardinale Sanminiatelli si segnala infine il bozzetto raffigurante l'Educazione della Vergine, per la Chiesa della Fava a Venezia, eseguito da Giovan battista Tiepolo nel XVIII secolo.

Metti una sera a cena tra il Cigoli e Napoleone

Metti una sera al museo, incontrando uomini che hanno fatto la storia, guidati da quel fascino nascosto e misterioso che rappresenta l'attrattiva dei poli museali della città. Lodovico Cardi detto Il Cigoli in omaggio al suo paese natale, lo incontriamo al Conservatorio di Santa Chiara dove è esposto il «Noli me Tangere» e al museo diocesano con «La Madonna in trono con bambino e i santi Michele e Pietro apostolo» . Anche Barry Lindon, protagonista dell'omonimo film di Stanley Kubrick, amava i suoi dipinti. È famosa la scena in cui il protagonista sceglie di acquistare la più costosa tra una serie di tele, proprio «L'adorazione dei Magi», dipinta dal Cigoli nel 1605. E anche il regista Sukurov nella sua "Arca Russa", tra le tante opere dell'Ermitage di San Pietroburgo sceglie di far soffermare il protagonista sulla «Circoncisione» del nostro pittore. Prima di loro era Galileo Galilei ad amare e apprezzare i dipinti del Cigoli, che si contendeva col Caravaggio il primato nel manierismo. Il Cigoli ebbe con lo scienziato un lungo scambio epistolare, conservato in un carteggio, che influenzò la sua pittura tanto da riportare nelle sue opere le scoperte astronomiche del tempo. Nell'affresco a Santa Maria Maggiore a Roma, nel raffigurare la Vergine Assunta, rappresentò infatti la luna, per la prima volta nella storia dell'arte, esattamente come quella osservata dall'amico Galileo, molto più naturalistica, con i crateri e le ombre. Ma una sera al museo ti puoi imbattere nel più noto dei condottieri: Napoleone. Accertate le sue origini sanminiatesi, egli tornò in città per incontrare lo zio canonico Filippo Buonaparte, come testimonia una lapide, nel 1797.  All'Accademia degli Euteleti è conservata la "Maschera Funeraria" proprio di Napoleone: l'opera mostra una precisione fisionomica assente nelle altre repliche esistenti, tanto da far supporre che si tratti di un autentico calco sull'originale, eseguito dal medico corso Antommarchi e dal medico inglese Francis Burton. Essa giunse nella collezione dell'Accademia nel 1951 attraverso l'architetto scultore Flaminio Bretoni, che conosceva San Miniato attraverso il pittore Antonio Luigi Gajoni. Un reliquiario di pregevole fattura appartenuto allo zio di Napoleone, il canonico Filippo, è conservato al museo di Santa Chiara, mentre un altare da viaggio è al museo diocesano. Per una visita alle spoglie mortali del canonico è sufficiente fare pochi chilometri nella campagna, arrivando alla chiesa di Calenzano dove è il suo sepolcro, dopo aver incontrato i palazzi e le ville dei Buonaparte.
«La deposizione», a Palazzo Roffia, sede dell'Arciconfraternita di Misericordia, è un gruppo ligneo costitutito dalle figure quasi al naturale di Cristo, della Vergine e di San Giovanni ed è databile alla fine del XIII secolo. Un'opera attribuita a Giovan Battista Tiepolo è il bozzetto raffigurante «L'Educazione della Vergine» eseguito per la chiesa della Fava a Venezia ed è al museo diocesano. Mentre Francesco Lanfranchi, lo "Spillo", fratello del più famoso Andrea del Sarto, ha le sue tavole dipinte  nello splendido altare ligneo intagliato dai fiorentini Luca e Bastiano, nella chiesa del Loretino.
E di quanti tesori non vi ho parlato?

La Chiesa di San Francesco e il monumentale convento

Fondato nel 1211, forse proprio nel luogo ove sorgeva un oratorio dedicato a San Miniato, esso è un grandioso complesso, frutto di numerosi ampliamenti effettuati nel corso dei secoli. All'interno il convento presenta due eleganti chiostri. Nel refettorio fa bella mostra di sé una grande tela di Carlo Bambocci rappresentante la cena di San Francesco e Santa Chiara. La chiesa, ad una navata, conserva numerose opere d'arte dei secoli XVII e XVIII. Sul retro dell'altare maggiore trova posto il notevole coro ligneo, finemente intagliato in tutte le sue parti, attribuito a Giuliano di Baccio D'Agnolo. Sulla facciata esterna della chiesa, modificata con l'ampliamento del XIV secolo, sono ancora visibili i segni della chiesa primitiva.

Il Santuario del Ss.mo Crocifisso di Castelvecchio

Il santuario, fu voluto dal vescovo di San Miniato Poggi e costruito dai cittadini per custodire, onorare e venerare l'immagine del "miracoloso Crocifisso di Castelvecchio", un crocifisso ligneo risalente a circa il secolo XI abbandonato in San Miniato, secondo la leggenda da due viandanti e  che i sanmiatesi portarono pellegrinando nelle città della Toscana in guerra come segno di pace e di amore.
Fu progettato da Antonio Maria Ferri, architetto granducale tra i più apprezzati in Toscana.

Fu aperto al culto nel 1705.

La Cattedrale

Intitolata a Santa Maria Assunta e San Genesio martire, ha alle proprie spalle una storia secolare. La chiesa, denominata di Santa Maria in Sala, era la parrocchiale dei Vicari Imperiali al tempo di Federico Barbarossa, affacciata su un vasto spiazzo delimitato da edifici di corte e di governo.Nel 1194, in una bolla di papa Celestino III, si fa menzione di una chiesa, dedicata a Santa Maria, dipendente dalla pieve di San Genesio in Vico Wallari, presso cui risiedeva un vicario foraneo del vescovo di Lucca, diocesi alla quale San Miniato apparteneva. È nel 1236 che, per la distanza dalla pieve di San Genesio, la chiesa di Santa Maria ottenne il diritto di fonte battesimale e quello di seppellire. Una volta distrutto il borgo di San Genesio nel 1248, la chiesa si trasformò in pieve e acquisì anche il titolo di San Genesio. La storia della pieve di Santa Maria è strettamente legata alle vicende storico-politiche che vedono San Miniato al centro delle lotte comunali.

Il palio del papero

Il Palio del Papero. Si corre a Balconevisi dai primi anni Ottanta nel secondo fine settimana di ottobre. Il piccolo centro è diviso in quattro contrade, ogni papero tiene alto il nome del rione. Si corre per 150 metri, a coppia: una specie di staffetta. Vince il palio del papero chi arriva per primo al traguardo, incitato da tutti i paesani.
L'unica regola dell'esilarante e pittoresca corsa a staffetta dei pennuti, guidati da bambini o bambine del luogo, consiste nel fatto che i paperi non possono assolutamente essere toccati, ma solo incitati.
Il record di vittorie del palio, che ancora resiste dagli anni Novanta, spetta a Pistolo, papero della contrada "Fondo di scesa" che ha vinto sei edizioni. Il suo proprietario spiegò i segreti del campione, dicendo che lo allenava facendolo correre lungo i filari delle viti e rincorrendo le galline.

I fuochi di San Giovanni

La sera della vigilia, il 23 giugno, sul prato della Rocca vengono accesi i falò, corrisposti dai colli circostanti, dove i contadini rispondono dando fuoco alle steppie per decretare la fine della mietitura. Tradizione questa appartenuta alle antiche celebrazioni pagane di ringraziamento per i raccolti, trasformate poi, come molte altre, in religiose.

La festa inizia con la distribuzione delle "rificolone", lanterne di carta con una candela all'interno, di ispirazione fiorentina legate ad una canna, che servono ad illuminare il cammino per chi sale verso la torre.  Assieme alle rificolone viene consegnata la "mosca", ovvero una spiga di grano legata con un capo d'aglio sulla cima di una canna, che sarà poi cotta sotto la cenere dei grandi falò. L'aglio e la spiga sono simboli pagani portatori di un duplice significato: cacciare gli spiriti maligni e proteggere i raccolti delle messi future
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La tradizione del Palio di San Lazzaro a Ponte a Elsa

L'annuncio dell'imminente arrivo della primavera lo dà il Palio di San Lazzaro, due domeniche prima di Pasqua. Dice un proverbio, "Anna Rebecca, Lazzaro e Ramo a Pasqua ci siamo".  La manifestazione, nata nel 1982, si svolge a Ponte a Elsa e trae le proprie origini e ispirazione dal culto di San Lazzaro, a cui è dedicato un oratorio, che ai tempi della Francigena era la cappella del lebbrosario.



L'antica tradizione vuole che le ragazze si portino sul fianco della chiesa e lancino dei sassi nel tentativo di farli rimanere sul davanzale del finestrone. Se il sasso rimane, la ragazza corre a tirare la corda che fa squillare la campanina. Vuol dire allora che troverà marito entro l'anno. Sempre nella medesima occasione i giovanotti si detergono la faccia prendendo l'acqua santa dalla piletta che si trova dietro l'altare: l'usanza è chiaramente legata al fatto che la chiesetta era cappella di un lebbrosario e si sa che la peste si manifestava anche con tumescenze della pelle.
Il palio prevede una rievocazione storica in costume che si ispira a un nobile locale, il conte Orlandini accompagnato per il paese da musici, tamburi e sbandieratori. Nell'occasione viene portato in corteo il "cencio", un dipinto raffigurante la pagina evangelica della resurrezione di Lazzaro. "Dalla morte alla vita", ogni anno è interpretata da un nuovo pittore contemporaneo. Ne è nata così una galleria unica al mondo con i maggiori artisti italiani. Autentica festa paesana, il palio, tra le contrade del "Piano" e del Poggio, si disputa di solito tra i ragazzi del paese con la corsa del carretto con le pine.